
“La formazione del mediatore” a Palermo il convegno sulla Giustizia riparativa
Palermo, 28 ottobre 2025
Il 28 ottobre 2025, nell’ambito del Corso di formazione di eccellenza su “Giustizia riparativa e alternative alla detenzione” organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Ateneo palermitano in partnership con il Dipartimento per gli Affari di Giustizia del Ministero della Giustizia, si è svolto il convegno dal titolo “La formazione del mediatore”, un importante momento di confronto dedicato al tema della Giustizia riparativa e alla formazione dei futuri mediatori.
All’incontro hanno partecipato la dott.ssa Maria Pia Giuffrida, fondatrice e responsabile scientifico dell’Associazione Spondé ETS, nonché componente del V gruppo di lavoro della Commissione ministeriale per il decreto legislativo in materia di Giustizia riparativa; la prof.ssa Paola Maggio docente dell’Università di Palermo, anch’essa membro della medesima Commissione e la dott.ssa Veronica Virga, sempre dell’Università di Palermo.
Dopo i saluti introduttivi della prof.ssa Alongi la prof.ssa Maggio ha illustrato i contenuti del corso di formazione per mediatori penali previsto dalla legge Cartabia, annunciando l’avvio di un primo ciclo formativo nella primavera del prossimo anno. La docente ha inoltre offerto una panoramica sulla normativa, soffermandosi in particolare sui soggetti che possono accedere alla giustizia riparativa, sui tempi in cui è possibile attivarla – in qualunque fase del processo – e sull’obbligo di formazione e informazione per tutti coloro che interagiscono con le vittime.
A seguire, la dott.ssa Virga ha proposto una riflessione sui principi del giusto processo, evidenziando come essi non trovino diretta applicazione nella cosiddetta camera riparativa. Attraverso una metafora ha paragonato la giustizia ordinaria a un triangolo, che rappresenta una struttura gerarchica e oppositiva, mentre la giustizia riparativa assume la forma di un cerchio, simbolo di dialogo, ascolto e riconciliazione.
Subito dopo è intervenuta la dott.ssa Maria Pia Giuffrida, che ha aperto la sua riflessione con una domanda centrale: “Chi è il mediatore?”. Partendo da questo interrogativo, ha esplorato la natura della giustizia riparativa, definendola come una “giustizia di libertà”, poiché si fonda sul consenso libero e sempre revocabile dei partecipanti, e al tempo stesso come una “giustizia attiva”, che richiede il coinvolgimento diretto e personale delle parti, senza possibilità di delega.
La dott.ssa Giuffrida ha insistito sulla necessità di una formazione approfondita per i mediatori, che includa un percorso di destrutturazione personale finalizzato a garantire equiprossimità (pari vicinanza a tutte le parti) e assenza di giudizio. È per tale ragione che durante gli incontri di mediazione è prevista dalla norma la presenza di almeno due mediatori a tutela dell’equilibrio e dell’imparzialità.
Ha proseguito il suo intervento illustrando i compiti del mediatore così come previsti dalla normativa vigente:
- fornire un’informazione completa sui programmi, sui diritti e sulle garanzie;
- verificare la fattibilità dei programmi;
- raccogliere il consenso dei partecipanti;
- valutare il consenso espresso dai minori ultraquattordicenni.
I partecipanti ai percorsi di giustizia riparativa, ha ribadito la relatrice, hanno diritto a ricevere chiare e complete informazioni su:
- i programmi disponibili e le modalità di accesso;
- i potenziali esiti e gli eventuali accordi;
- le garanzie e i doveri previsti.
L’attività del mediatore, ha spiegato la dott.ssa Giuffrida, comprende l’organizzazione e realizzazione degli incontri preliminari, la definizione del programma e il contatto con la parte coinvolta, con l’obiettivo di evitare qualsiasi forma di vittimizzazione secondaria. Sebbene la legge non precisi le tempistiche, secondo la relatrice è fondamentale che l’altra parte venga informata subito dopo la richiesta di adesione a un programma di giustizia riparativa.
Tra i compiti più delicati del mediatore figurano anche la valutazione di eventuali rischi di reato imminente, la raccolta dell’accordo – anche simbolico – e la redazione della relazione conclusiva da trasmettere al magistrato.
La relatrice ha sottolineato che l’esito dell’incontro di mediazione appartiene esclusivamente ai partecipanti, non al mediatore né all’organo inviante, e non può essere definito “positivo” o “negativo”. Nella relazione conclusiva devono essere riportate solo le parole pronunciate dalle parti, specificando se il percorso è stato portato avanti e in che modalità, senza entrare nei dettagli, nel pieno rispetto del principio di riservatezza. È considerata buona prassi rileggere la relazione insieme ai partecipanti prima della trasmissione, poiché il percorso e le sue parole “appartengono a loro”.
Oltre ai requisiti professionali e giuridici, previsti dalla legge, la dott.ssa Giuffrida ha evidenziato l’importanza per il mediatore di conoscere le culture locali e comunitarie e di intraprendere un percorso individuale di destrutturazione, fondato su generosità, rispetto, confidenzialità, umiltà e autonomia. Tali qualità, unite a una solida preparazione, costituiscono il cuore della figura del mediatore, chiamato a favorire il dialogo e la responsabilità condivisa.
A chiusura dell’incontro, la dott.ssa Giuffrida ha citato il celebre “fil rouge” di Goethe, simbolo del legame che unisce il percorso di mediazione alla crescita umana e alla responsabilità condivisa.
A chiudere i lavori è stato il prof. Giuseppe Di Chiara, che ha ringraziato i relatori e i partecipanti, ribadendo come teoria e prassi della giustizia riparativa debbano costantemente dialogare.
Ha infine rimarcato l’importanza di un uso consapevole e accurato delle parole, non solo nel confronto con le istituzioni, ma soprattutto all’interno della camera riparativa, luogo privilegiato di ascolto e riconciliazione.
