CLINICA LEGALE
in
MEDIAZIONE PENALE

A seguito della firma del protocollo sottoscritto con L’Università degli Studi Roma Tre l’Associazione Spondé ha collaborato nell’implementazione della “CLINICA LEGALE in MEDIAZIONE PENALE”.
Si è trattato di 6 incontri con giovani studenti di giurisprudenza che pian piano sono entrati nel mondo della Giustizia riparativa.

Ecco la testimonianza di una degli iscritti, Fiorella Darida

La scelta del corso di mediazione penale, tra le varie cliniche legali proposte dalla mia facoltà, è stata inizialmente dettata da pura curiosità, sapendo che si trattasse di un tema attualissimo, alla luce delle nuove modifiche legislative, dirette ad incoraggiare questi meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie. Di certo non mi sarei mai aspettata che sin dalla prima lezione avremmo avuto a che fare con le nostre esperienze più intime e con le nostre emozioni.
È un’esperienza che cambia la prospettiva, che insegna e interroga: non sui manuali, ma sui punti di vista, e non è stato facile inizialmente mettersi a nudo lasciando da parte la razionalità e quell’alea di realismo che gli studi di giurisprudenza portano inevitabilmente con sé.
È stato un percorso, fatto di dialogo e di silenzi, di attese e di sguardi, ma soprattutto di comprensione e ho avuto il piacere di portarlo al termine con un bellissimo gruppo.
Il materiale fornitoci e le spiegazioni hanno ben aiutato a comprendere l’area tematica, ma credo di aver ricevuto l’impatto maggiore dal video-testimonianza di un incontro di mediazione, senza il quale, probabilmente, non sarei mai riuscita a calarmi nella parte del mediatore A durante la simulazione fatta in aula con i colleghi.
Giunti al termine, sento di portarmi dietro un inedito approccio ai sentimenti, guidato dal concetto di equi-prossimità che deve saper accompagnare l’attività di ogni mediatore, l’idea che prima di una katarsi esiste sempre un momento di krisi dedicato al confronto, una nuova idea di ascolto, un’attenzione diversa e più pura alle emozioni che trapelano dalle parole di chi ho di fronte (e, soprattutto, la capacità di esternarle senza troppi giri di parole), ma ancor di più quel senso di libertà che, come metaforicamente reso dalla professoressa, ha come presupposto il dover “staccare la testa e poggiarla sul tavolo”.
Ringrazio per avermi fatto conoscere questo mondo.